domenica 15 febbraio 2015

La disïata vostra forma vera

“Movesi il vecchierel canuto et bianco” è una delle poesie più emblematiche della letteratura italiana. Una poesia “viva”, in cui traspare perfettamente l’animo affranto e tormentato del poeta: Francesco Petrarca. 
Definito il padre della lirica moderna, l’autore del Canzoniere è stato anche un profondo conoscitore dell’animo umano, anticipando l’avvento della psicologia e della sociologia. Animato dal desiderio di scoprire se stesso, Petrarca mise a nudo le sue emozioni, descrivendone l’unicità folgorante.

In questo sonetto, il sedicesimo della raccolta, il poeta si paragona a un vecchio canuto, che, ormai in fin di vita, decide di intraprendere il fatidico viaggio a Roma, per contemplare la Veronica, il velo che asciugò il volto di Cristo poco prima della crocifissione.
Movesi il vecchierel canuto et biancho
del dolce loco ov’à sua età fornita
et da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;

indi trahendo poi l’antiquo fianco
per l’extreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, et dal camino stanco;

et viene a Roma, seguendo ’l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:

cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera


La poesia si apre con il ritmo di una filastrocca, quasi una parodia del fenomeno del pellegrinaggio, molto in voga ai tempi di Petrarca. Un arzillo vecchietto lascia la sua famiglia di punto in bianco per andare a omaggiare una reliquia conservata a Roma. Nella seconda quartina il poeta analizza le conseguenze di questo viaggio avventuroso, evidenziandone le difficoltà. Inconsciamente, il lettore fiuta il paragone dell’autore: il vecchio è Petrarca, il quale nel suo viaggio alla ricerca di Laura si imbatte in numerose difficoltà, sebbene egli sia giovane e forte quando scrive la poesia. Ma il poeta volge subito la nostra attenzione in un’altra direzione. Nella strofa seguente, infatti, si intravede il vero scopo del viaggio: Roma. Il vecchio arriva a Roma per vedere con i suoi occhi una traccia di Gesù, una prova della sua esistenza. Eppure, come vuole alludere il poeta, Dio è in noi, non dentro le cose. Così come una semplice reliquia non può rappresentare Cristo, così l'amore che Petrarca prova per Laura non si può trovare nascosto negli occhi di un'altra donna. 

L.C.

giovedì 5 febbraio 2015

Le nostre asce

“Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi.” Ecco il pensiero di Franz Kafka sulla lettura.
E alla fine è vero. 

I libri ci sconvolgono, ci cambiano, ci modellano. Ogni tipo di libro, di qualsiasi argomento, di qualsiasi genere, di qualsiasi autore, è un capolavoro di bellezza inimitabile. E ogni libro ci dà qualcosa di diverso a seconda dell’età e delle condizioni in cui lo leggiamo. Un insegnamento, un consiglio prezioso, un aiuto, un’interpretazione corretta di una situazione.
I libri sono compagni di vita sempre a portata di “tasca”, amici che non ti potranno mai tradire. Non ti abbandonano mai. Quieti e calmi aspettano solo di essere vissuti.
I libri sono chiavi che aprono le porte del mondo, passepartout che ci fanno accedere alle porte del cuore degli altri. 

Sono delle corde a cui noi ci leghiamo ben stretti dal momento in cui apriamo la copertina e ci tuffiamo nel mare di emozioni che ci offre. Perché un libro offre emozioni da condividere tramite le parole, quando l’inchiostro graffia la carta di emozioni. Emozioni che trovano il loro culmine solo nel finale, in un tripudio di gioia euforica o di tristezza lancinante. 
Facciamo della lettura una parte della nostra vita. I libri sono le cose più personali e preziose che abbiamo. Amiamoli!
A.C.

domenica 1 febbraio 2015

Filosofisica

Finalmente, cari lettori, anche l’intrigante materia della filosofia si è intrufolata nel nostro blog. Vi consiglio di mettervi comodi e di rilassarvi: spaparanzatevi sul divano o in braccio al vostro vicino, e godetevi la lettura.

Filosofia e fisica: due discipline sorellastre, destinate a interpretare la realtà in modo opposto e concorde allo stesso tempo, l’una con l’ausilio del pensiero, l’altra elaborando formule e teoremi. Nate dallo stesso ventre, ma accudite diversamente, le due materie restano tutt’oggi in correlazione tra di loro. Si completano e si “odiano” allo stesso tempo, scalzando una le teorie dell’altra. 

Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui.” 
Con questo scioglilingua, Aristotele ribadisce come la filosofia sia necessaria persino per negare la sua esistenza. Una materia imprescindibile, ma allo stesso tempo ambigua, misteriosa, come la maggior parte dei suoi rappresentanti.
Ruolo meno emblematico lo riveste la fisica, che, nel tempo, ha saputo destreggiarsi tra i numerosi ostacoli che la separavano dal suo scopo. Basti pensare a Galileo Galilei, il quale dovette smentire le sue teorie astronomiche per non essere condannato dalla Chiesa, unico centro di sapere dell’epoca.
Nonostante la fisica risulti oggettivamente più credibile, grazie alla rigorosità e alla sistematicità con cui operano gli scienziati, credo che nessuna delle due discipline riesca a vincere sull’altra. Entrambe si pongono un dubbio, e lo affrontano. Talvolta raggiungono una conclusione, che può essere giusta o sbagliata. Ma soprattutto, entrambe ambiscono a sopravvivere nei pensieri degli uomini, affinché un giorno le teorie di Aristotele possano essere confutate da Galileo, e le teorie di un vecchio scienziato saranno apprese da un bambino.
L.C.