lunedì 26 gennaio 2015

Rudis mea erit!

La daga ricurva è impugnata saldamente dal gladiatore alla destra dell’imperatore. Lo fronteggia il gladius già impregnato di sangue del suo avversario, un mirmillone. Ma è l’enorme scudo con cui quest’ultimo si protegge la sua vera forza: il trace, infatti, si può difendere solamente con uno scudo convesso e degli schinieri alti sulle gambe. Il giovane armato di sica, però, non teme l’evidente difficoltà di attaccare il colosso dinanzi a lui, bensì incita ed esalta la folla, desiderosa di vedere il primo combattimento alle due del pomeriggio. 


Mentre la folla inneggia con cori il giovane combattente, il mirmillone Aquilone scruta il pubblico attraverso la visiera reticolata dell’elmo. Le donne sugli spalti gli ricordano Livia, la sua amata. Con la coda dell'occhio scorge il suo lanista, Tantalo Fabrizio. Vincendo, Aquilone avrebbe ricevuto la rudis, il bastone di legno simbolo della libertà. Al solo pensiero di poter tornare libero diventa euforico, e colpisce l'avversario con lo sguardo, in attesa del duello. 
La folla si acquieta fino a far cadere un silenzio surreale sull'anfiteatro. L’impavido trace non perde tempo e attacca Aquilone con un insolito colpo verso le gambe. Respinto dallo scudo, il giovane non si perde d’animo e riparte all'assalto colpendo il mirmillone al braccio destro. La manica che lo ricopre riesce solo a smorzare il colpo, e il trace continua a colpirlo senza tregua. I fischi e le urla contro Aquilone si alternano alle ovazioni per il giovane sfidante. La folla lo acclama alzandosi dalle tribune dell'anfiteatro. Il trace, però, troppo sicuro dei suoi movimenti e inebriato dal desiderio di sconfiggere il temibile avversario, si avventa verso Aquilone sferrandogli un colpo maldestro alla coscia sinistra che lo fa sbilanciare in avanti, cadendo ai piedi del mirmillone. Un boato di risate, urla e insulti si riversano sull’incredibile scena dei due combattenti: il giovane trace cerca immediatamente di alzarsi, ma Aquilone lo percuote con lo scudo impedendogli di muoversi. Ora la folla esaltata incita l’ormai vincitore a finire il suo avversario, il quale alza timidamente il braccio sinistro in segno di resa. 

“Iugula, verbera, ure!”, è l’estenuante ritornello che rimbomba nell’arena. Gli occhi grigio-blu del mirmillone si incrociano con quelli pieni d'odio del trace. Aquilone guarda il suo gladius, compagno di innumerevoli battaglie, e si ricorda gli insegnamenti appresi nella scuola gladiatoria a Capua.
“Si combatte per la folla”, pensa Aquilone mentre raccoglie la sica dell’avversario per poi scaraventarla ai bordi dell’arena. La folla urla ancora più forte, vedendo i movimenti del mirmillone. Ora Aquilone si avvicina al giovane gladiatore disarmato e lo colpisce ancora con lo scudo. Infine lo solleva da terra e accosta il gladio al collo del giovane. Il pubblico in delirio attende l’esecuzione e Aquilone grida: “RUDIS MEA ERIT!” e sgozza il trace.
L.C.

lunedì 19 gennaio 2015

Speciale per Lucio


<<Sono tre ore che state a parlare e non si è concluso niente! Io propongo delle cose: vi emozionano, vi piacciono, sì o no?>>
Con queste poche parole, il 2 giugno 1970 Lucio Battisti risponde alle critiche degli spettatori di Speciale per voi, ribadendo ancora una volta la natura delle sue canzoni.


Sotto un cespuglio di capelli neri e con la sua voce flebile ma chiara, Battisti incarnò l’essenza delle canzoni che cantava, o che provava a cantare. L’autore de “I giardini di marzo” e “29 settembre”, infatti, venne spesso accusato di non saper cantare per via della sua voce “non gradevole” e quindi di non potersi definire un vero cantante.
Al giorno d’oggi, con l’avvento dei talent show,  aspiranti cantanti hanno stupito il mondo con le loro voci superbe e possenti, che avrebbero di certo soddisfatto il critico musicale Renzo Nissim (2:52). Eppure, siamo ormai indotti a pensare alla voce come uno strumento, trascurando alcune caratteristiche fondamentali di un cantante, ovvero la capacità di saper emozionare e interpretare una canzone.
Renzo Arbore riprende il microfono e domanda al pubblico: <<È importante la voce o non è importante la voce per poter cantare?>>. Un’altra critica, un altro dubbio, ma Lucio non si scompone, non si altera, accenna un sorriso.
"L'importante è comunicare con il pubblico. Il resto conta molto poco. Il guaio è che in Italia ci sono ancora troppi cantanti alla Claudio Villa."


L.C.

domenica 11 gennaio 2015

A morte l'Amore

Oltre alle leggi metriche, oltre alle categorie storiche, oltre alle indagini teoriche, la poesia è un'arte, il mestiere di coloro che sentono il bisogno di scrivere, senza obiettivi, quasi di getto, di argomenti dall'odore sfuggevole, astratto e sfingeo. La poesia è l'artificio di chi è capace di trasformare i sentimenti, le emozioni dell'animo e i sogni in parole, a volte delicate e deliziose, altre volte aspre e intransigenti, insinuandosi nel cuore del lettore che ne congegni un senso e un significato esclusivamente personale. È questo il prodigio che compie il poeta: dà la nascita a mille interpretazioni, oltre alla sua, che ognuno conserva nel cuore e nella mente e nessuno può contestare. Perché la poesia non nasce in un momento specifico, la trovi dove c'è un uomo: oltre al pratico, al concreto, al mondo. Oltre a tutto, semplicemente poesia:

A morte l’Amore                                                          
che duole.   
A morte l'Amore
che scuote il cuore.
A morte l'Amore
che muore.
          Leonardo Capobianco

L.V.