Odio la Geografia, pertanto,
lo stereotipo dello studente italiano medio mi calza a pennello. Eppure la
ammiro tanto. Ammiro il suo intento poetico di avvolgere la Terra con la carta:
un abbraccio millenario, frutto di calcoli e di ricerche, ma soprattutto di una
spiccata lungimiranza da parte dell’Uomo.
Mi sono sempre
chiesto il motivo per cui l’uomo abbia sentito il bisogno di raffigurare la Terra.
Da Tolomeo a Marco Polo, il mondo è stato corteggiato dalle mani di
innumerevoli uomini, intenti a dare un volto alla loro storia, nonché alla loro
cultura.
Oggi voglio
presentarvi una mappa alquanto particolare: la cartina delle lingue
indoeuropee.
A un primo sguardo,
si intravedono chiaramente delle scritte, incastonate ognuna nei vari riquadri.
Inoltre, la mappa è composta sostanzialmente da sei gruppi: italico, celtico,
iraniano, slavo, baltico e germanico. Questi “ceppi linguistici” si diramano a
loro volta, ospitando le cosiddette “lingue moderne”.
La mappa non presenta
una collocazione geografica delle varie lingue, ma ne riporta la parentela,
come in un albero genealogico. A incantarmi non è la loro disposizione, ma la
forza magnetica che le unisce insieme.
Ho sempre diffidato
delle lingue, spesso addirittura odiandole, come la Geografia. Mi apparivano
inutili, prive di senso, ed ero convinto che la lingua più importante per un
uomo dovesse essere la propria, non quella dello straniero. Crescendo, per
fortuna, la mia visione si è raddolcita, ma soprattutto erudita. Studiando in
un liceo linguistico da due anni, ho imparato a confrontarmi con diverse
civiltà, le quali hanno sempre condito di nuovi sapori la mia lingua. Per
apprendere una lingua è necessario renderla propria, desiderarla, ma
soprattutto accoglierla come “sorella” della propria lingua.
L.C.
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